È difficile essere razionali dopo aver vissuto tutto ciò che è ancora negli occhi dopo aver perso un derby che era assolutamente nelle nostre mani. Bisogna analizzare per bene quali sono i problemi della nostra squadra; non ve ne sono tanti, ma iniziano dal portiere, arrivando a una finalizzazione troppo scarna per quello che si produce. Mai nessuno in Serie A finora ha prodotto una mole di gioco come noi, che ha creato tantissime occasioni da rete, con l’unica pecca di una realizzazione mai fine a sé stessa; eppure siamo la squadra più prolifica di tutto il campionato. Ennesima gara persa, sempre con qualcosa da recriminare, mai dando onore agli avversari, in considerazione che ci sono stati superiori e abbiamo perso per nostro demerito, l’unico demerito in seno alla squadra è non essere stata cinica e non aver sfruttato ciò che ha prodotto. La cosa che più mi fa incavolare è che siamo sempre noi a complicarci la vita; creiamo occasioni in serie, spesso davvero surreali, e fa male il modo con cui le sprechiamo. Era in precedenza con Inzaghi e ora con Chivu che, purtroppo, si tira dietro quell’assurdo velo di mancanza di lucidità sotto porta. Soffriamo maledettamente questa condizione, dando il minimo indispensabile all’avversario che, però, alla prima occasione riesce a farti male, e se poi dall’altra parte ti trovi Allegri, allora è tutto dire: maestro nel portare le gare nel modo più congeniale alle sue caratteristiche. Non è stato un trionfo né per noi e tanto meno per loro, però poteva esserlo se la dea bendata ci avesse dato una mano, ma dall’altra parte avevamo chi la fortuna è sempre stata sua complice, accattivante e degna amica nei momenti decisivi. Quel Massimiliano Allegri che nel derby, che valeva la testa del campionato, contro un’Inter che ha fatto la partita, che spingeva, urlava calcio moderno, lui invece ha scelto la via più a lui congeniale: soffrire e giocare di rimessa. Certo, soffrendo sino alla fine, ma portando a casa quello che più conta, e cioè la vittoria. Se poi consideriamo che il migliore in campo è stato il portiere avversario, questo dà un significato maggiore alla loro vittoria. Non mi piace snocciolare le statistiche di fine gara, ma è stato disarmante il possesso palla, le occasioni create, i calci d’angolo; tutto ciò che però non ha portato ad alcun risultato positivo, in considerazione che anche il pareggio ci sarebbe stato stretto, figuriamoci la sconfitta: è tutto dire. Sarà dura continuare a sognare un titolo che, con queste premesse, la nostra squadra soffre terribilmente chi gioca in maniera speculare, mettendosi in un falso specchio e continuando con un 5 – 4 – 1 finale, specialmente quando riescono ad andare in vantaggio. Sinora abbiamo perso quasi tutti gli scontri diretti, ad eccezione della gara dell’Olimpico, dove nel secondo tempo il pareggio l’avrebbe pur meritato la Roma, ma tant’è che è l’unico risultato che ci arride; di contro, le amare sconfitte a Torino contro i non colorati e a Napoli in quel marasma di gara contro il nobile “parruccone”, in cui meritavamo ben altro, anzi molto di più. Questo è purtroppo lo status quo; al momento dobbiamo ogni volta raddoppiare gli sforzi per raggiungere un risultato a noi più confacente. Spero solo che nel proseguo del campionato e in ogni altra manifestazione sportiva, tutto ritorni a essere lineare con quello che meritiamo in campo, sfruttando al pieno le occasioni create. Non mi piace parlare dei singoli, ma stavolta una menzione particolare va fatta nei confronti di alcuni giocatori che, secondo me, sono stati al di sotto delle loro potenzialità. In primis Calhanoglu, ma non per l’errore dal dischetto; per carità, ci può stare visto il suo score personale. A mio parere, ha abboccato alla pantomima creata dal portiere avversario, che ha lasciato più spazio alla sua destra, sperando che il nostro giocatore calciasse proprio lì, dove poi di fatti ha respinto il tiro. Oggi s’è visto che non era la sua gara, disattento e ininfluente; non era il solito “Sultano” visto in altre gare, valutazione ben al di sotto della sufficienza. Il capitano non era il solito Lautaro che conosciamo; certo l’occasione l’ha avuta e c’è voluto uno strepitoso intervento del portiere avversario a negargli la gioia meritata della rete, ma anche lui sotto la sufficienza, e poi croce e delizia il nostro portiere. Anche ieri ne ha fatta un’altra delle sue. Si nota che lo stato di forma non è dei migliori; è stato impiegato nel minimo sindacale, eppure, nell’unica occasione in cui doveva far prevalere la sua classe, ecco che ha toppato. In concomitanza con Akanji, non doveva permettere quel tap-in comodo e ravvicinato. Un portiere esperto come lui, non può respingere un pallone in orizzontale, sapendo che l’avversario stava correndo proprio da quel lato. Caro Sommer, questa sconfitta è analoga a quella subita in casa dei non colorati; si doveva e si poteva far meglio. Il resto della squadra non è che abbia brillato, ma almeno in talune circostanze ha lottato e ringhiato, com’è giusto che sia. Però ci vuole tanto altro per meritarsi una vittoria che ieri ci è sfuggita solo perché dinanzi avevamo un muro invalicabile: il portiere avversario. E ora? Tocca ripartire e, come ci sta capitando, spesso direi, specie quando le cose non vanno per il verso giusto, resettando e trovando le motivazioni per far bene celate dentro di noi. Solo così avremo la consapevolezza che si può e si deve fare meglio; i mezzi li abbiamo tutti. Crediamo che non tutto sia perduto, la vetta è alla nostra portata, ma dobbiamo assolutamente far meglio di ieri sera. Non come gioco, per carità, ai ragazzi non si può rimproverare nulla sotto il profilo dell’agonismo e dell’impegno, ma dobbiamo essere più cattivi sotto porta. Solo così ritorneremo ad essere la grande squadra che siamo e che in tanti ci riconoscono, perché siamo l’Inter e quelle due stelle sulla nostra pelle non sono lì per caso! …Amala!!!!
Antonio Dibenedetto
Vivere con questi colori nel cuore è stata da sempre la mia prerogativa. Oltre non c’è nulla: solo l’Inter.
Dopo la gara di Champions è dura ripetersi in campionato, complice anche una squadra capitolina che contro di noi fa sempre delle gare di sostanza, senza dimenticarci purtroppo che lo scorso anno contro di loro ci siamo giocati lo scudetto. Vabbè, lasciamo perdere senza rivangare sempre il passato; oramai è un capitolo chiuso, inutile tornarci su. Il pericolo sul quale era legittimo avere dei dubbi era l’aspetto prettamente di approccio alla gara, se non altro perché nel mercoledì di coppa è stato abbastanza flebile e direi quasi sbagliato. Ieri, invece, complice secondo me la strigliata di Chivu per la morbidezza dimostrata contro i kazaki, contro la Lazio l’approccio è stato sicuramente feroce, se non altro perché dopo meno di tre minuti Lautaro ha incastrato il pallone là dove osano le aquile, in quell’incrocio imprendibile per il pur bravo portiere biancoazzurro. Azzannando così la gara, lasciando ai capitolini solo le briciole, ricordo la sola occasione di Zaccagni con un tiro che ha sorvolato la traversa, null’altro. I ragazzi invece hanno giocato con voglia e determinazione, cercando un raddoppio che non è arrivato per nostro demerito; come al solito si crea ma non si concretizza. Il secondo tempo ha seguito il leitmotiv del primo, almeno per circa settantacinque minuti, con la gara che è sempre stata nelle mani dei ragazzi. Tant’è che, con un’azione spettacolare, quell’azione che i ragazzi sanno fare a memoria, con una ripartenza appena conquistata palla in modo veloce e repentino, fatta di passaggi di prima, si è giunti al passaggio definitivo, come un cioccolatino gustoso da scartare, del solito Dimarco per l’accorrente Bonny, posizionato al centro dell’area avversaria, che ha depositato in rete il raddoppio. Ci sarebbe stata anche la terza rete annullata, dopo circa un minuto, per un controllo al VAR, dove hanno evidenziato un fallo di mano di Dimarco all’alba dell’azione. Comunque, ribadisco, si è visto con tanta convinzione dimostrata dai ragazzi in campo, di volere essere dominanti e di centrare la vittoria che era fortemente voluta, giocando in modo bello da vedere ed efficace per come è stato sviluppato. Certo, era palesemente concedere qualcosa agli avversari, ma è stata una concessione fine a se stessa, tant’è che non ci ha arrecato alcun danno, se non altro un pericolo di un colpo di testa che si è stampato sul palo, che fortunatamente non ha fatto varcare il pallone oltre la riga di porta. Anche dopo le veementi proteste dei laziali, non hanno portato alcun risultato, perché da qualche anno c’è l’ausilio elettronico che decreta se il pallone ha varcato la linea, dando immediatamente il segnale sull’orologio del direttore di gara; quindi, proteste inutili e infondate. A bocce ferme, la vittoria è stata il seguito di questo periodo nel quale le vittorie continuano ad arrivare con una certa linearità. Se poi dalla malaugurante sconfitta, del tutto immeritata, di Torino contro i gobbi si è arrivati a ben 10 vittorie e una sola sconfitta in quella serataccia di Napoli, dove tutto c’è girato contro, con orrori arbitrali evidenti e davvero cervellotici. Nonostante quei passi falsi, nei quali molti altri tecnici avrebbero avuto da ridere per molto tempo, il nostro mister s’è dimostrato davvero un signore, prendendosi le colpe per una sconfitta e dando lustro ai ragazzi per le vittorie. Questo è ciò che deve fare un grande uomo prima di essere un buon tecnico, cosa che non è insita in un uomo sopravvalutato che è sempre prono al pianto e alla recriminazione, senza alcun rispetto per il lavoro altrui, ponendo in primo piano sempre la sua persona: una sola parola, buffone! Ora per almeno due settimane ci godiamo il primato in classifica, sebbene in condominio con la Roma, ma questo non ci spaventa perché sappiamo come sviluppare il nostro gioco, avendo ben presente la nostra forza d’insieme, dove prevale la squadra e non il singolo, com’è giusto che sia in maniera razionale. Ora pausa per le nazionali; al rientro ci aspetta la madre di tutte le gare, quel derby che nell’ultimo periodo ci sta sfuggendo, ma siamo consapevoli che la svolta è dietro l’angolo. Dobbiamo farci trovare pronti; il resto verrà di conseguenza. Dobbiamo solo sperare che i nazionali tornino alla Pinetina integri e non assolutamente spremuti, perché sappiamo che le nazionali assorbono energie, ma è anche vero che l’aria dei nostri campi d’allenamento del nostro centro sportivo è un toccasana per rimettere a posto tutti i malumori, gli acciacchi mentali e la stanchezza presunta. Nello spogliatoio c’è sempre la giusta dose di entusiasmo che mister Chivu riesce a propinare ai giocatori e poi giocare un derby con uno stadio stracolmo che t’inneggia non ha nulla di meglio al paragone. E poi noi siamo l’Inter e per noi non c’è nulla d’impossibile; teniamo a ciò che abbiamo conquistato e non sarà facile spodestarci. …Amala!!!!
Antonio Dibenedetto
Vivere con questi colori nel cuore è stato da sempre la mia prerogativa. Oltre non c’è nulla: solo l’Inter.
La gara del lunch-match sapevamo che potesse nascondere delle insidie, e tutto ciò s’è puntualmente rivelato, ma l’abbiamo portata a casa con quella forza che contraddistingue una grande squadra, con la consapevolezza che bisogna talvolta avere ragione dell’avversario giocando anche una gara sporca, per usare un termine tanto caro a mister Allegri. Nel primo tempo ci sono state occasioni in serie, non sfruttate solo perché davanti alla bravura del portiere avversario ci sarebbe voluta una prodezza per sbloccare il risultato; di fatti, s’è verificata. Magistrale battuta del calcio d’angolo di Calhanoglu e tiro al volo, di un piattone fantastico, di Zielinski che ha mandato il pallone nell’incrocio: rete davvero fantastica! Il Verona, ben allenato da mister Zanetti, non ha mollato; anzi, ha iniziato a colpire nei nostri punti deboli, in quella difesa che è apparsa un attimo in difficoltà, culminando la loro pressione con la bellissima rete del brasiliano Giovane. I ragazzotti scaligeri, acquisito il pareggio, hanno continuato con lo stesso cliché, colpendo in maniera pulita il palo alla destra di Sommer in un’azione sempre dalla destra. Sin qui, c’è da considerare che i ragazzi si sono un attimo defilati da una gara che si poteva gestire in altro modo, non alimentando la voglia di rivalsa dei giocatori veronesi, che dalla loro hanno la fiamma della giovinezza e della corsa, a volte molto spregiudicata, ma efficace nel modo di giocare. La ripresa, complice la copiosa pioggia che si stava riversando sul terreno di gioco, ha visto protagonista solo l’Inter in campo; certo, non eravamo lucidi come in altre circostanze, ma tant’è che la gara si stava trascinando verso un epilogo che per i veronesi era oro, considerando che un punticino avrebbe fatto comodo alla loro deficitaria classifica. Sommer è stato spettatore non pagante, mai impegnato nella ripresa e, anche nel primo tempo, non è che abbia compiuto parate significative. Tant’è che il risultato era stato inchiodato sul pareggio. Poi è avvenuto qualcosa che ha deciso di cambiare le sorti di una gara alquanto scorbutica: un fallo di Bisseck a centrocampo sul giocatore brasiliano dell’Hellas, con la conseguente e sacrosanta punizione, ma stando a norma di regolamento, sanzionata con il solo giallo. Le vibranti proteste della panchina scaligera richiedevano un rosso che non si era di fatto configurato come da regolamento; ci sarebbero volute altre fattispecie per far sì che ci fosse l’espulsione. Devo ammettere che Doveri ha applicato perfettamente il regolamento, con un po’ di ansia, devo altresì ammettere, perché da qualche tempo con gli arbitri non siamo fortunati. Certo, ad essere un po’ più fiscali ci poteva essere un rigore su Pio Esposito non sanzionato per un abbraccio non proprio fraterno di un difensore gialloblù. I moviolisti l’hanno definito un contatto lieve, come d’altronde anche lo stesso direttore di gara, ma io non sono affatto d’accordo, anche perché come si definisce un contatto lieve e duro nell’intensità per decretare un calcio di rigore? Non si considera la volontarietà di arrecare un danno all’avversario? La spinta sul nostro Pio Esposito c’era tutta, quindi secondo me il rigore c’era e si doveva fischiare. Per fortuna la dea bendata ha fatto da giustiziera e nei minuti finali ci ha concesso ciò che ci era stato tolto; un cross di Barella in area scaligera è stato depositato in rete da un difensore veronese, con una classica autorete, non volontaria, con il tocco di testa che ha spiazzato il portiere. Alla fine ciò che ci interessa sono i tre punti; in altre circostanze abbiamo giocato molto bene e raccolto zero, come è capitato contro Udinese, Juve e Napoli, quindi, questa volta ci teniamo stretti questi punti; per il bel gioco sarà per la prossima volta, anche se a sprazzi, anche ieri s’è visto. Una piccola annotazione è doveroso farla al nostro mister Chivu: forse fare turnover contro l’Hellas Verona è stato un azzardo; si doveva giocare con i titolari inizialmente, magari poi fare gli opportuni cambi. Tanto mercoledì in Champions non giochiamo contro il Barcellona o il Real, dei modesti lavoratori pallonari. Ovviamente, non sottovalutiamo gli avversari, ma tutto questo timore è assolutamente fuori luogo. Siamo più forti, ma con le pedine giuste e motivate; poi il resto lo metterà il pubblico di San Siro, che è ritornato a essere l’assoluto trascinatore con il proprio entusiasmo delle gare interne. Voglio rimarcare come i nostri storici avversari stiano vivendo un periodo di magra e di frustrazione: amano più parlare dei presunti, direi solo presunti, aiuti arbitrali che delle loro squadre. Mi rendo conto che talvolta ci sono personaggi noti, più che normali tifosotti, che inveiscono contro quella collaudata, a loro modo di vedere, “Marotta League”, che ha il potere di cambiare lo stato delle cose. Ma queste affermazioni lasciano il tempo che trovano, non hanno fondamento, visto come siamo stati bistrattati, e non solo nelle ultime settimane, senza contare che ci hanno sottratto uno scudetto a favore di chi sta ancora godendo di una protezione senza pari, grazie alla comunicazione di un certo allenatore che è maestro in questo, avendo la capacità, in conferenza stampa, di sovvertire a proprio vantaggio azioni o episodi discutibili. Noi siamo l’Inter e di certe persone possiamo farne a meno; pensiamo in primis a noi stessi, che è la cosa basilare. Siamo i più forti e il tempo ci darà ragione! …Amala!!!!
Antonio Dibenedetto
Vivere con questi colori nel cuore è stata da sempre la mia prerogativa. Oltre non c’è nulla: solo l’Inter.